mercoledì 21 maggio 2014

Tutti dicono che sono un bastardo (l'approfondimento di Idia Pelliccia per Marsicanews)

“Tutti dicono che sono un bastardo”, un punto di vista inedito e sorprendente su Bukowski



“La verità profonda, per fare qualunque cosa, per scrivere, per dipingere, sta nella semplicità. La vita è profonda nella sua semplicità.” (C. Bukowski, Hollywood, Hollywood!)
Chi è Charles Bukowski?
Domanda insidiosa, tutt’altro che facile. Sia in vita che dopo la sua morte, avvenuta il 9 marzo del 1994, lo sbaglio di una parte dell’opinione pubblica e la presunzione di un settore delle cosiddette élite di intellettuali, sono stati quelli di disgiungere, come se fosse possibile, la natura di Bukowski, classificando la sua vita secondo due opposti giudizi: lo scomodo poetastro ubriacone, un fenomeno di costume, un selvaggio privo di riferimenti culturali, e poi, invece, lo scrittore di valore, il poeta di sentimenti, con la ferma volontà di tenersi alla larga da ogni odioso conformismo.
Scrivere di chi è stato, delle sue opere, della sua eredità, è accattivante e rischioso a un tempo, in quanto non è semplice trattare di un nome che non si spegne mai nell’indifferenza, che provoca puntualmente approvazione o condanna senza sconti. Scrivere una biografia di Bukowski suona come la “sfida delle sfide”. Ci vuole temerarietà per decidere di eviscerare, smontare, incasellare e interpretare la sua vita, il suo rigurgito di parole, la sua overdose di narrazioni, la sua poesia dolente e vitale, la sua sessualità aggressiva, tra un fegato al crollo e un profondissimo amore per la scrittura e per l’esistenza.


A vent’anni dalla scomparsa di Bukowski, Roberto Alfatti Appetiti ha voluto rispondere alla domanda – Chi è Charles Bukowski? – con la brillante biografia “Tutti dicono che sono un bastardo” (in uscita per Bietti). Da lettore, prima ancora che da autore, Appetiti ha avvertito l’esigenza di dare un contributo per rileggere in una chiave inedita (e a parer mio rivelatrice nella sua veridicità) uno degli scrittori più controversi e potenti della letteratura americana, che ha conquistato e continua a conquistare intere generazioni di lettori.
Roberto Alfatti Appetiti, nato a Roma nel 1967, è giornalista e saggista, collabora con quotidiani nazionali, periodici e riviste online, scrivendo di narrativa e immaginario popolare. Per il “Secolo d’Italia” ha ideato e curato apprezzate rubriche culturali ed è tra gli animatori del magazine “corsaro” Barbadillo.it.
In “Tutti dicono che sono un bastardo” non traspare l’intenzione, da parte dell’appassionato bukowskiano Roberto, di demonizzare, di enfatizzare Bukowski come “poeta della trasgressione”, che scriveva solo di alcol e di sesso. Non traspare altresì la volontà di riscattare il vecchio Hank beatificandolo con qualche fantasioso escamotage. Appetiti è riuscito con successo ad eludere queste semplificazioni, rivelando al lettore il vissuto di un uomo la cui essenzialità sfugge, perché è troppi uomini insieme, e tutti discontinui.
Per dirla con le parola di Appetiti, “Bukowski ha detto tutto e il contrario di tutto, circostanza che ha reso difficile, se non impossibile, il compito ai suoi biografi. Una cosa è certa: non amava stare sul piedistallo, non voleva essere l’ape regina di alcun movimento politico. Non riponeva fiducia neanche nell’umanità, colpevole di aver perso autenticità ed essersi lasciata inghiottire dal consumismo. Non credeva nel progresso. Non voleva cambiare il mondo. Non aveva l’ambizione di intervenire nel dibattito politico e si teneva a distanza da ogni salotto culturale. Era uno scrittore di sentimenti, non di idee.”

La biografia è strutturata in 10 capitoli che attraversano la vita e le opere dello scrittore. Con uno stile letterario chiaro, incisivo e con una spiccata dimestichezza nel rendere la narrazione originale ed intrigante senza per questo offuscare lo scopo informativo che è alla base del genere letterario della biografia, Appetiti propone al lettore un itinerario che delinea l’infanzia dolente, gli incontri e gli scontri, i fallimenti, i successi e i sorprendenti riferimenti culturali dello scrittore americano. Dalla fama di nazista coltivata per provocazione, al conflittuale rapporto con i Beat e con le femministe, dagli ippodromi di Los Angeles all’amicizia con John Fante, affiora il ritratto inedito e stupefacente del Bukowski politicamente scorretto, in ostinata solitudine, dell’individualista la cui scrittura diretta, carica di sentimenti che sembrano saltare addosso al lettore, sconvolge ed attrae allo stesso tempo. Bukowski si limita a fotografare la realtà, scatta le sue istantanee senza condirle con la retorica, senza addolcirla, senza negarla. Cercando, per quanto possibile, di godersi la vita, di cambiare il suo, di mondo.
Roberto Alfatti Appetiti è riuscito a scandagliare con maestria l’anima di Bukowski e a ricostruire con passione e ricchezza di particolari, anche inediti, la storia di uomo, di un grande scrittore che rifiuta di piegarsi alle chiese, alle mode, agli schemi ideologici, ai principi assoluti da qualsiasi parte essi vengano, di qualsiasi colore si vestano. Ai bukowskiani e non, buona lettura!
Fonte: Marsica News (Il contagio delle idee)

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